<< Non ho la
tv. La mia azienda è totalmente hi-tech, ma io non lo sono. Trovo la tecnologia
invasiva, non uso il computer e non ho un indirizzo e-mail. Mia moglie non ha
nemmeno il cellulare. Mi piace pensare di mantenere la mente pulita e
utilizzare i miei occhi per raccogliere la realtà, la tecnologia sta rendendo
tutti molto pigri>>.
Così si
sbilancia senza imbarazzo il re del brit fashion, Paul Smith, colui che ha
rivoluzionato la moda maschile inglese.
Suo padre
vendeva tessuti porta a porta e, forse, anche per questo il signor Smith ha
avuto fiuto sulle novità nella moda.
Il suo
primo showroom? Una stanza d’albergo a Parigi in cui sul letto espose la sua collezione
composta da 2 abiti, 2 pull e 4 camicie. A distanza di 40 anni è questo per lui
il guardaroba base perfetto.
Quella
stanza e il primo studio-laboratorio a Covent Garden sono stati ricostruiti
all’interno della mostra a lui dedicata che si è chiusa qualche mese fa al
Design Museum di Londra intitolata Hello my name is Paul Smith.
La retrospettiva racchiude i più salienti ricordi della
carriera del visionario fashion designer originario di Notthingam, suo quartier
generale e luogo dove, dopo aver abbandonato la scuola e i sogni promettenti da
ciclista, si unì agli studenti della scuola d’arte e conobbe la sua musa
ispiratrice e collaboratrice fedele, Pauline
Denyer, esperta di moda più di lui.
S/S 2012 |
S/S 2013 |
In questa
lunga carriera Mr Smith è riuscito a costruire un impero globale rappresentato da
165 boutiques monomarca per 200 milioni di sterline di fatturato (insomma,
pochi spiccioli ndr) e ha forgiato nel tempo un proprio linguaggio stilistico:
<< L’inizio della mia avventura in Gran Bretagna è stato difficile, gli
uomini non erano affatto coraggiosi ma classicissimi, sempre in completo grigio
e camicia bianca, per intenderci. Con il passare del tempo, attraverso il mio
lavoro e quello di alcuni altri stilisti, li abbiamo resi più sicuri di sé
nella scelta del colore, anche solo di un dettaglio >>.
Ma se i
designer non dovrebbero rispecchiare i tempi che viviamo ma trasformarli, come
ha fatto a spostare il confine dell’originalità nella moda maschile?
<<Poco alla volta>> chiosa lo stilista.
<< Se strattoni
qualcuno non otterrai nulla, se lo inviti gentilmente al cambiamento con te,
allora sì, ti seguirà>>.
E voi?
Seguite lo Smith’s Think? Esprimetevi!
Le pillole di Paul
I tre capi indispensabili di un uomo.
Un completo
blue navy, un paio di pantaloni di buon cotone, una camicia bianca (o di
Chambray).
Una città per neo-gentleman.
Hong-Kong.
L’Italia ha un’ottima reputazione, ma troppa uniformità. Londra è più
eterogenea.
Un regalo perfetto.
Qualcosa di
fatto a mano, che implichi uno sforzo per realizzarlo.
Un luogo per lo shopping.
Io vado
matto per i mercatini. Consiglio il car boot market di Shibuya a Tokyo: la
gente vende gli oggetti che tiene nel bagagliaio. O il marché aux puces di
Vanves a Parigi. Portobello road il venerdì. Ma presto: alle 6.
marché aux puces |
Portobello road |
Un oggetto.
Amo le
bici. Mi piacciono quelle italiane di Pinarello.
È cool la T-shirt sotto la camicia?
Non lo so,
ma di scuro so che ci tiene protetti, al caldo.
La Pinta*
Immagini prese da:
www.pinterest.com
2 commenti:
Bè lui è un mito. E il post mi è piaciuto molto, ricco di aneddoti. Bravissima Giulia <3
Un bacio e buona domenica!
Claudia - http://blondywitch.com
Le sue sono le uniche fantasie che non mi fanno sanguinare gli occhi. Per questo già lo stimavo e leggere un post così interessante me lo fa apprezzare ancora di più!
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